Spiava mail della moglie lesbica. «Lecito»
Il giudice giustifica il comportamento di un uomo che poi aveva chiesto alla Sacra Rota l'annullamento delle nozze.
MILANO - Spulciare nella posta elettronica della propria moglie, scoprire che lei è lesbica, e utilizzare quel dato, assieme a tante missive private a lei indirizzate e appositamente fotocopiate, per chiedere l'annullamento del matrimonio religioso davanti alla Sacra Rota non costituisce violazione della privacy. Prevale, infatti, sul diritto alla riservatezza «il diritto fondamentale di libertà religiosa» che si esprime, in questo caso, nell'agire «in giudizio» e «difendersi anche innanzi a un Tribunale ecclesiastico». Lo scrive il giudice delle terza sezione penale del Tribunale di Milano, Giuseppe Cernuto, nelle motivazioni della sentenza con la quale ha assolto dall'accusa di trattamento illecito di dati personali sensibili un uomo di 41 anni di Como, che aveva trovato nel 2003 nel pc una e-mail indirizzata alla moglie da un'amica, dal tono inequivocabile e che testimoniava il suo essere lesbica.
LETTERE NASCOSTE NEI LIBRI - L'uomo fotocopiò il contenuto di quella mail e di una serie di lettere private ricevute dalla donna tra il '93 e il 2003 e che lei conservava nascoste nelle pagine dei libri. Il marito portò i dati raccolti a uno psichiatra (anche lui assolto), il quale predispose una relazione che serviva al marito per chiedere l'annullamento del matrimonio. Nozze, tra l'altro, che non erano mai state consumate. E non c'erano stati nemmeno rapporti prematrimoniali. L'imputato, infatti, assistito dagli avvocati Enzo Pacia e Luisa Bordeaux, è, come scrive il giudice, «esponente di una famiglia che aveva parte attiva nella prelatura personale della Chiesa cattolica Opus Dei e pienamente consapevole, come tale, del valore sacramentale del matrimonio».
LA SENTENZA DI ASSOLUZIONE - Nell'assolverlo perchè il fatto non sussiste, il giudice spiega che bisogna valutare se il diritto del marito di «agire innanzi alla giurisdizione ecclesiastica» sia «di rango pari a quello alla riservatezza del coniuge e, come tale, idoneo a giustificare il trattamento di dati sensibili senza il consenso dell'interessato». E la risposta per il giudice è positiva. «L'interesse all'accertamento giudiziale della validità» del vincolo matrimoniale, infatti, secondo il magistrato, rientra nella «libertà dell'esperienza religiosa» che «rappresenta, sotto il profilo giuridico costituzionale, un aspetto della dignità della persona umana, riconosciuta e dichiarata inviolabile dall'art.2 della Costituzione». E non incide «su questa conclusione il carattere non nazionale e non statuale dei Tribunali ecclesiastici». Anzi, il giudice sottolinea che «il principio, riferibile a qualsiasi confessione religiosa, si pone vieppiù nel solco del riconoscimento del valore della cultura cattolica».